lunedì 23 marzo 2015

I bambini non sono merci da consegnare!

Da curiosa ed appassionata websurfer appena visto l'avviso, ho recuperato il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) preparato sotto la guida del giovane Assessore Maran.
La curiosità era tanta viste le energie messe in campo in questi pochi anni di gestione dalla nuova amministrazione.

Il documento è un bel manuale completo, ricco di spiegazioni e numeri. I commenti potrebbero essere molti e differenziati, ma ho avuto la fortuna di assistere alla presentazione di venerdì 20 Marzo in Consiglio di Zona 8 e, confesso, mi sono risparmiata una zelante e completa lettura delle 362 pagine del documento di progetto, concentrandomi sulle parti che più mi interessavano. 

Il Piano prospetta la strategia VISION ZERO, dall'esempio del sindaco di New York, che unisce le attività di controllo e di sicurezza a quella del disegno progettuale del livello zero (ovvero il piano campagna dove si articolano i flussi in movimento).

Il Piano promuove in linea strategica la mobilità sostenibile prevedendo un rafforzamento delle linee di trasporto pubblico, di postazione di bikesharing, di introduzione di nuove zone a traffico calmierato e di implementazione dei raggi verdi. Loda le iniziative diffuse sul territorio che promuovono la mobilità scolastica con modi sostenibili (bicicletta e piedi ).

La realtà di oggi monitorata dai dati di Piano non è tuttavia entusiasmante: solo 3% delle famiglie ha partecipato all'indagine Pedibus ed i progetti car free (chiusura temporanea del tratto stradale antistante la scuola negli orari di ingresso/uscita principali) riguardano solo l'1.4% delle scuole.

Consapevole di questo risultato parziale, il Piano indica una strategia di intervento istituendo una struttura operativa finalizzata alla redazione di proposte di intervento riferite alle singole scuole. Ad ora sono individuati due organi di lavoro: il Gruppo di coordinamento interassessorile deputato al coordinamento, alle attività di advocacy presso le scuole e con ruolo di controllo e validazione delle attività svolte dai 9 gruppi di lavoro operativo (uno per zona di decentramento).

Dopo aver vissuto tante analoghe esperienze (in realtà dimensionalmente minori) nel condurre presentazioni pubbliche di piani elaborati, è stato istruttivo trovarmi da cittadina – con sufficiente competenza – ad ascoltare quanto veniva raccontato in generale e con focus su zona 8.

La prima sensazione, persistente per tutta la durata della presentazione, è stata la grande distanza fra gli interlocutori ed il pubblico. La platea ascoltava interessata ed educata, ma il divario tra domande e risposte era incolmabile. Questo è comprensibile: parliamo di un Piano della Mobilità per una città da quasi 1.4 milioni di abitanti, che già oggi (prima della trasformazione in città metropolitana) somma più di 5 milioni di spostamenti nel giorno medio feriale. Se giustamente un Piano di Mobilità getta le basi strategiche per la dotazione infrastrutturale e gli obiettivi, molto ancora manca per finalizzare i traguardi nelle unità di quartiere.

L'accusa di mancanza di partecipazione con il territorio, avanzata da alcune istanze, non rappresenta necessariamente una polemica politica ma l'evidenza – a mio avviso - di una criticità nel metodo di lavoro. Se da un lato non è credibile che un PUMS entri nel dettaglio di aspetti locali proprio perchè di area vasta e con indirizzi strategici (e quindi è sbagliata in sè la modalità di incontri di presentazione del piano), bisogna prendere atto che la delega di connessione con il territorio, demandata ai consigli di zona, non sta funzionando, nonostante il grande impegno profuso da alcuni consiglieri.

La zona 8 (che meglio conosco) raccoglie in un unico confine realtà diverse ed ugualmente importanti: il Gallaratese, Quarto Oggiaro e una porzione di zona semicentrale: tutte con istanze, dinamiche, interlocutori e condizioni di riferimento spesso divergenti. L'istituire un gruppo di lavoro per piani di mobilità scolastica, incernierati sempre sul nodo dei consigli di zona puo' rivelarsi solamente una perpetuazione degli errori già commessi.

La scuola che frequentano i miei figli non ha partecipato alle iniziative pedibus e siamonatipercamminare, eppure ha ottenuto una zona carfree temporanea (con tutte le polemiche del caso) e mediamente più del 50% dei bambini non viene accompagnato in auto.
Il pedibus nasce spontaneamente, come un lento corteo che si ingrossa avvicinandosi a scuola. Chi con la bicicletta, a piedi, con skate o monopattini, ritrova amici e compagni sul proprio percorso.

In questi mesi invernali, la linea autobus sostitutiva del tram lungo via Mac Mahon, si trasformava in uno scuolabus, con appuntamenti, corse, attese e gare con chi procedeva a piedi.
Le mamme con un impegno urgente ed imprevisto affidano i bambini agli amici di turno che passano in quel momento davanti al portone e si accordano per la merenda al parco dopo l'uscita scolastica.
Al passaggio si monitora la condizione dei marciapiedi e degli attraversamenti, spesso devastante nonostante i continui interventi. Volti sconosciuti vengono individuati e controllati a distanza dai genitori. I bambini si dettano le regole – che ben conoscono - fra loro.
Davanti a scuola i gruppi delle classi si riuniscono per entrare insieme, chi ha ancora i genitori presenti dà un fugace ed imbarazzato bacio sulla guancia e corre in classe; chi è stato lasciato in affido riceve una carezza ed un augurio di buona giornata dal genitore affidatario occasionale.

All'uscita, quando piove, chi ha un auto provvede ad un spontaneo carpooling. In caso di bel tempo e di mancanza di impegni pregressi, si inizia a smangiucchiare una merenda e ci si accorda per il trasferimento ai giardini di zona. Qualche mamma approfitta per lasciare il figlio e correre a fare la spesa o preparare una lavatrice.

Dubito che tutto questo possa essere esaminato da un Piano della Mobilità Scolastica, perchè è vita vera, di quartiere, di affetti , di condivisione e di rispetto per le persone e le cose.
Ed uno schema partecipativo premodulato non potrà mai cogliere la bellezza e l'entusiasmo di quei “percorsi casa-scuola” che diventano un esperienza di gioco, di incontri. A volte di studio, con la ripetizione della lezione prima della verifica. O nel saluto ai commercianti di via al passaggio quotidiano dei bambini. O del portiere del palazzo, che rincorre per gioco i bimbi con la canna dell'acqua mentre pulisce il marciapiede. O ancora il canto sull'autobus de “La leggenda del Piave” che fa commuovere le nonne sedute, che la guerra l'hanno vista con i loro occhi di bambine.

Queste sensazioni positive colmano il cuore di chi ha la fortuna di vivere questi momenti di incontro e rendono sopportabile (o meglio dire meno urgente) la mai soddisfatta richiesta di percorsi ciclabili (anche condivisi, ma frequentabili in sicurezza), di attraversamenti pedonali protetti, di rastrelliere per il parcheggio, di zone verdi lungo strada, di un trasporto pubblico efficiente, di muri puliti, di attività di quartiere, di marciapiedi senza buche (che rompono gli zaini trolley).

Pianificare tutto questo significherebbe umanizzare un modello statistico. Mi chiedo quindi: è possibile? Magari si, ma la strada più semplice potrebbe essere quella del buon senso (e suggerita in molti manuali): creare quartieri che offrano le opportunità per una vita sostenibile e di condivisione, nella mobilità come nei consumi e nelle relazioni. E utilizzare gli automi cellulari per modellizzare oggetti anzichè i nostri bambini.



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