venerdì 28 agosto 2015

A proposito dell'anticipo scolastico

Sentiamo parlare in maniera ciclica delle polemiche relative all'anticipo scolastico e di un'eventuale cambiamento della durata dei diversi cicli scolastici.
Vogliamo proporvi un'interessante articolo comparso sul blog della dottoressa Rossella Grenci, la quale propone i sette punti che ogni genitore dovrebbe tenere in mente prima di prendere la decisione di far affrontare al proprio figlio la scuola primaria in anticipo:

1 il sesso del bambino: è scientificamente provato che le bambine parlano prima e meglio;
2 la frequenza alla scuola dell’infanzia;
3 l’autonomia dimostrata dal bambino;
4 facilità a mantenere l’attenzione eseguendo sequenze di ordini;
5 la capacità di ascolto e di attenzione;
6 la sua reale età cronologica;
7 la presenza di un disturbo di linguaggio ancora attivo.
 
Fondamentale in questa valutazione confrontarsi con l'educatrice del proprio bambino, tenedo comunque presente che aspettando aumentano le probabilità che un bambino affronti più facilmente l'ingresso alla scuola primaria.
 
Per quanto riguarda gli aspetti legislativi l'unico baluardo imprescindibile è che si tengano presente i bisogni dei bambini e non i meri calcoli economici, ma questo si sa vorrebbe dire fare le leggi importanti non ponendo la fiducia, ma dibattendo e confrontarsi con insegnanti e cittadini.
Voi cosa ne pensate?
 

venerdì 27 marzo 2015

Campus settimanali Estate 2015 - Intervista all'Assessore Cappelli

Da qualche giorno serpeggia il panico tra i genitori che si apprestano a pianificare l'estate dei propri figli nel periodo di chiusura delle scuole. Come oramai in molti saprete  quest'anno il Comune di Milano non ha fatto menzione, nella circolare di iscrizione Estate 2015, dei consueti campus, che coinvolgevano i ragazzi delle medie a giugno e luglio e i bambini della primaria a fine agosto e inizio settembre prima dell'apertura delle scuole. La proposta permetteva, alle famiglie, di far frequentare ai bambini strutture private, che organizzavano iniziative a carattere sportivo o culturale, sfruttando la sovvenzione economica del Comune.

Per capire come mai di questa modifica, abbiamo contattato l'Assessore all'Educazione e all'Istruzione Francesco Cappelli.
L'Assessore ci ha confermato la scelta del Comune di tagliare i campus  settimanali, spiegandoci la volontà di trovare soluzioni alternative per venire in aiuto alle famiglie: entro fine aprile dovrebbe essere pubblicato un bando, che sfrutterà i 700'000€ stanziati grazie alla legge 285 sul finanziamento del diritto allo studio e la sostenibilità delle attività di formazione per l’infanzia e l’adolescenza.

Il bando dovrebbe essere accessibile alle associazioni dei genitori e associazioni del territorio, che potranno usufruire del finanziamento, per istituire dei campus o iniziative a supporto delle famiglie nel periodo di chiusura delle scuole con la condizione, che queste vengano svolte all'interno delle scuole. Questa proposta vuole sfruttare il principio delle Scuole Aperte promosso dal MIUR.

Abbiamo segnalato che le Associazioni di Genitori non sono sempre costituite legalmente, ma l'Assessore ci ha assicurato, che stanno studiando una soluzione secondo cui, tramite gli 'Istituti Scolastici possano essere coinvolte tutte le scuole. Rimangono comunque una serie di considerazioni di natura di gestione delle pulizie degli spazi scolastici, che spesso scoraggiano queste iniziative. Inoltre si rischia che un'iniziativa a partecipazione "volontaria" e non organizzata con grande anticipo non favorisca la corretta distribuzione delle iniziative sul territorio.

Fatto centrale in questa situazione è il bisogno delle famiglie di avere delle proposte valide per l'organizzazione familiare in attesa dell'apertura delle scuole e certamente il taglio ai campus settimanali è un duro colpo. A questo proposito segnaliamo, che a questo link, alcuni genitori stanno iniziando a raccogliere le firme per chiedere la reintroduzione dei campus settimanali.

lunedì 23 marzo 2015

I bambini non sono merci da consegnare!

Da curiosa ed appassionata websurfer appena visto l'avviso, ho recuperato il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile (PUMS) preparato sotto la guida del giovane Assessore Maran.
La curiosità era tanta viste le energie messe in campo in questi pochi anni di gestione dalla nuova amministrazione.

Il documento è un bel manuale completo, ricco di spiegazioni e numeri. I commenti potrebbero essere molti e differenziati, ma ho avuto la fortuna di assistere alla presentazione di venerdì 20 Marzo in Consiglio di Zona 8 e, confesso, mi sono risparmiata una zelante e completa lettura delle 362 pagine del documento di progetto, concentrandomi sulle parti che più mi interessavano. 

Il Piano prospetta la strategia VISION ZERO, dall'esempio del sindaco di New York, che unisce le attività di controllo e di sicurezza a quella del disegno progettuale del livello zero (ovvero il piano campagna dove si articolano i flussi in movimento).

Il Piano promuove in linea strategica la mobilità sostenibile prevedendo un rafforzamento delle linee di trasporto pubblico, di postazione di bikesharing, di introduzione di nuove zone a traffico calmierato e di implementazione dei raggi verdi. Loda le iniziative diffuse sul territorio che promuovono la mobilità scolastica con modi sostenibili (bicicletta e piedi ).

La realtà di oggi monitorata dai dati di Piano non è tuttavia entusiasmante: solo 3% delle famiglie ha partecipato all'indagine Pedibus ed i progetti car free (chiusura temporanea del tratto stradale antistante la scuola negli orari di ingresso/uscita principali) riguardano solo l'1.4% delle scuole.

Consapevole di questo risultato parziale, il Piano indica una strategia di intervento istituendo una struttura operativa finalizzata alla redazione di proposte di intervento riferite alle singole scuole. Ad ora sono individuati due organi di lavoro: il Gruppo di coordinamento interassessorile deputato al coordinamento, alle attività di advocacy presso le scuole e con ruolo di controllo e validazione delle attività svolte dai 9 gruppi di lavoro operativo (uno per zona di decentramento).

Dopo aver vissuto tante analoghe esperienze (in realtà dimensionalmente minori) nel condurre presentazioni pubbliche di piani elaborati, è stato istruttivo trovarmi da cittadina – con sufficiente competenza – ad ascoltare quanto veniva raccontato in generale e con focus su zona 8.

La prima sensazione, persistente per tutta la durata della presentazione, è stata la grande distanza fra gli interlocutori ed il pubblico. La platea ascoltava interessata ed educata, ma il divario tra domande e risposte era incolmabile. Questo è comprensibile: parliamo di un Piano della Mobilità per una città da quasi 1.4 milioni di abitanti, che già oggi (prima della trasformazione in città metropolitana) somma più di 5 milioni di spostamenti nel giorno medio feriale. Se giustamente un Piano di Mobilità getta le basi strategiche per la dotazione infrastrutturale e gli obiettivi, molto ancora manca per finalizzare i traguardi nelle unità di quartiere.

L'accusa di mancanza di partecipazione con il territorio, avanzata da alcune istanze, non rappresenta necessariamente una polemica politica ma l'evidenza – a mio avviso - di una criticità nel metodo di lavoro. Se da un lato non è credibile che un PUMS entri nel dettaglio di aspetti locali proprio perchè di area vasta e con indirizzi strategici (e quindi è sbagliata in sè la modalità di incontri di presentazione del piano), bisogna prendere atto che la delega di connessione con il territorio, demandata ai consigli di zona, non sta funzionando, nonostante il grande impegno profuso da alcuni consiglieri.

La zona 8 (che meglio conosco) raccoglie in un unico confine realtà diverse ed ugualmente importanti: il Gallaratese, Quarto Oggiaro e una porzione di zona semicentrale: tutte con istanze, dinamiche, interlocutori e condizioni di riferimento spesso divergenti. L'istituire un gruppo di lavoro per piani di mobilità scolastica, incernierati sempre sul nodo dei consigli di zona puo' rivelarsi solamente una perpetuazione degli errori già commessi.

La scuola che frequentano i miei figli non ha partecipato alle iniziative pedibus e siamonatipercamminare, eppure ha ottenuto una zona carfree temporanea (con tutte le polemiche del caso) e mediamente più del 50% dei bambini non viene accompagnato in auto.
Il pedibus nasce spontaneamente, come un lento corteo che si ingrossa avvicinandosi a scuola. Chi con la bicicletta, a piedi, con skate o monopattini, ritrova amici e compagni sul proprio percorso.

In questi mesi invernali, la linea autobus sostitutiva del tram lungo via Mac Mahon, si trasformava in uno scuolabus, con appuntamenti, corse, attese e gare con chi procedeva a piedi.
Le mamme con un impegno urgente ed imprevisto affidano i bambini agli amici di turno che passano in quel momento davanti al portone e si accordano per la merenda al parco dopo l'uscita scolastica.
Al passaggio si monitora la condizione dei marciapiedi e degli attraversamenti, spesso devastante nonostante i continui interventi. Volti sconosciuti vengono individuati e controllati a distanza dai genitori. I bambini si dettano le regole – che ben conoscono - fra loro.
Davanti a scuola i gruppi delle classi si riuniscono per entrare insieme, chi ha ancora i genitori presenti dà un fugace ed imbarazzato bacio sulla guancia e corre in classe; chi è stato lasciato in affido riceve una carezza ed un augurio di buona giornata dal genitore affidatario occasionale.

All'uscita, quando piove, chi ha un auto provvede ad un spontaneo carpooling. In caso di bel tempo e di mancanza di impegni pregressi, si inizia a smangiucchiare una merenda e ci si accorda per il trasferimento ai giardini di zona. Qualche mamma approfitta per lasciare il figlio e correre a fare la spesa o preparare una lavatrice.

Dubito che tutto questo possa essere esaminato da un Piano della Mobilità Scolastica, perchè è vita vera, di quartiere, di affetti , di condivisione e di rispetto per le persone e le cose.
Ed uno schema partecipativo premodulato non potrà mai cogliere la bellezza e l'entusiasmo di quei “percorsi casa-scuola” che diventano un esperienza di gioco, di incontri. A volte di studio, con la ripetizione della lezione prima della verifica. O nel saluto ai commercianti di via al passaggio quotidiano dei bambini. O del portiere del palazzo, che rincorre per gioco i bimbi con la canna dell'acqua mentre pulisce il marciapiede. O ancora il canto sull'autobus de “La leggenda del Piave” che fa commuovere le nonne sedute, che la guerra l'hanno vista con i loro occhi di bambine.

Queste sensazioni positive colmano il cuore di chi ha la fortuna di vivere questi momenti di incontro e rendono sopportabile (o meglio dire meno urgente) la mai soddisfatta richiesta di percorsi ciclabili (anche condivisi, ma frequentabili in sicurezza), di attraversamenti pedonali protetti, di rastrelliere per il parcheggio, di zone verdi lungo strada, di un trasporto pubblico efficiente, di muri puliti, di attività di quartiere, di marciapiedi senza buche (che rompono gli zaini trolley).

Pianificare tutto questo significherebbe umanizzare un modello statistico. Mi chiedo quindi: è possibile? Magari si, ma la strada più semplice potrebbe essere quella del buon senso (e suggerita in molti manuali): creare quartieri che offrano le opportunità per una vita sostenibile e di condivisione, nella mobilità come nei consumi e nelle relazioni. E utilizzare gli automi cellulari per modellizzare oggetti anzichè i nostri bambini.